ITINERARIO

Emilia-Romagna terra di cineasti

Partiamo da una constatazione di fatto: in questa regione, che oggi si chiama Emilia-Romagna, e che sta nel collo dello stivale come uno storico raccordo tra il nord e il centrosud d’Italia, è nata e si è formata gran parte dei migliori cineasti italiani.

Renzo Renzi, Una terra di cineasti (1990)

Perché alcuni dei maggiori cineasti italiani sono emiliano-romagnoli? E perché molti dei momenti più innovativi e sorprendenti della storia del cinema italiano sono avvenuti nella nostra regione? In occasione di Expo, la Cineteca di Bologna, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna e la collaborazione delle Ferrovie dello Stato italiane, ha scelto di raccontare con un'esposizione la straordinaria fertilità cinematografica di queste terre.

Il percorso espositivo, che qui riportiamo come proposta di itineriario, si articola su un doppio binario: da una parte una rilettura della storia del cinema italiano da una prospettiva emiliano-romagnola, evidenziando l'affinità elettiva che da sempre lega il cinema alla nostra regione; dall'altra il tentativo di interrogarsi in maniera più suggestiva sulle ragioni di questa straordinaria fioritura.

LE TAPPE PRINCIPALI

Il neorealismo

Il neorealismo

1943. Con Ossessione Luchino Visconti scuote il mondo languente della cinematografia fascista dando il via al movimento cinematografico che più a lungo ha influenzato il cinema e le arti di tutto il mondo: il neorealismo. Girato nelle zone rurali tra Ferrara e il Po, Ossessione è il manifesto di un cinema che si rinnova aprendosi al racconto della realtà sociale.
Vertice di questa stagione è Paisà (1946) di Roberto Rossellini, in cui è ancora il Po protagonista con il forte episodio finale ambientato tra le paludi del Delta. La pianura ravennate è il terreno di scontro tra le cooperative di braccianti e i proprietari terrieri di Caccia tragica (1947), l’esordio alla regia di Giuseppe De Santis. Tra gli sceneggiatori del film figura Cesare Zavattini, uno dei padri ispiratori del rinnovamento neorealista, autore di Sciuscià, Ladri di biciclette e altri capolavori di Vittorio De Sica, originario di Luzzara, nella Bassa reggiana.

 

Ossessione, tanto per il contenuto quanto per lo stile, aveva provocato una specie di choc, soprattutto perché in quel momento nessuno avrebbe voluto o potuto abbordare temi di quel genere. Credo, anche se è difficile dirlo, che tutta la produzione che seguì sia stata influenzata da Ossessione.

Luchino Visconti

 

Neorealismo significa fame di realtà, ossia fame di conoscere il momento che viviamo in un modo sempre più diretto e immediato.

Cesare Zavattini

La commedia all'italiana

La commedia all'italiana

Esauritasi la spinta del neorealismo, il pubblico degli anni cinquanta avverte il bisogno di evadere e di ridere. Il cinema prosegue nell’indagine della realtà sociale, ma lo fa anche attraverso la satira. Nata in questi anni a ridosso del boom economico, la commedia all’italiana ci offre un lucido specchio dei costumi e delle mutazioni in corso nel nostro paese.

Un momento importante nella definizione di questo genere è la saga di Don Camillo, la prima del cinema italiano. Don Camillo (1952) non si gira a Cinecittà, ma in Emilia, a Brescello, dove il regista Julien Duvivier trova lo scenario perfetto in cui ambientare le proverbiali schermaglie tra il parroco e il sindaco comunista di Giovannino Guareschi.

Con I vitelloni (1953), ambientato in una Rimini ricostruita tra Ostia e Viterbo, Fellini lancia poi i protagonisti di tutta la stagione a venire - primo tra tutti, il re della commedia all’italiana: Alberto Sordi.

 

Ora mica dico di averli creati io. Io ho dato a essi una voce. Chi li ha creati è la Bassa. Io li ho incontrati, li ho presi sottobraccio e li ho fatti camminare su e giù per l’alfabeto…

Giovannino Guareschi

 

Ci trovammo a dover improvvisare un film. Fu chiamato Flaiano, facemmo I vitelloni. Di quel periodo di lavoro ricordo soprattutto che si rideva continuamente.

Tullio Pinelli

Il cinema d'autore

Il cinema d'autore

Dagli anni Cinquanta il cinema italiano si apre a percorsi più individuali. Alcuni registi abbandonano l’indagine neorealista della società per concentrarsi su universi più personali. Si afferma il cinema d’autore. Rimini, Ferrara e Bologna sono le culle degli autori più rappresentativi del cinema italiano: Federico Fellini, Michelangelo Antonioni e Pier Paolo Pasolini, maestri celebrati in tutto il mondo, e profondamente legati alla propria terra d’origine.

Bologna e Ferrara sono le città da cui provengono anche altri due importanti cineasti che esordiscono in questi anni: Valerio Zurlini e Florestano Vancini.

 

Quando ho cominciato a fare del cinema sono partito da un'altra osservazione. Fui indotto a pensare: che cosa, in questo momento, è importante prendere come argomento delle proprie storie? E mi è sembrato che fosse più importante non tanto esaminare il rapporto tra personaggio e ambiente, quanto fermarsi sul personaggio, dentro il personaggio.

Michelangelo Antonioni

La nouvelle vague italiana

La nouvelle vague italiana

Gli anni Sessanta testimoniano la vitalità e la rabbia non sopita del cinema italiano. Bernardo Bertolucci e Marco Bellocchio, al tempo poco più che ventenni, firmano i film-manifesto di una generazione inquieta che di lì a poco deflagrerà nella contestazione del ‘68: Prima della rivoluzione (1964) e I pugni in tasca (1965). Inquietudine generazionale che Lou Castel, già protagonista del film di Bellocchio, incarnerà anche nei panni laici e scandalosi del Francesco d’Assisi (1966) della modenese Liliana Cavani.

Nel 1968 divampa il Fuoco! di Gian Vittorio Baldi, uno dei film più singolari e trasgressivi del cinema italiano di quegli anni, firmato da un grande regista e produttore indipendente bolognese.

Se di nouvelle vague italiana si può parlare, la sua culla è l’Emilia.

In quegli anni in Italia non c’era nulla di simile alla nouvelle vague, i primi a rompere la crosta fummo, con posizioni diverse, io e Bernardo, Piacenza e Parma.

Marco Bellocchio

Con Marco abbiamo dietro due città vicine, ma molto diverse. A Parma l’aggressività è socialmente repressa, i parmigiani ricordano tutti adolescenze dorate, meravigliose… Piacenza è una città violenta, più diretta, senza questo tipo di sublimazioni. E infatti se si guardano i due film, I pugni in tasca e Prima della rivoluzione, c’è proprio un’aura diversa.

Bernardo Bertolucci

Lou era una specie di beat ante litteram e così Francesco diventò quello che doveva diventare, un beat. Era la cosa che mi piaceva di Francesco d’Assisi, lo vedevo come un poeta più che un santo.

Liliana Cavani

Amarcord e Novecento

Amarcord e Novecento

Nemmeno un’immagine di Amarcord (1973) è stata girata fuori da Cinecittà e dai dintorni di Roma, ma il film è per tutti un monumento alla Romagna, e uno dei capolavori di Federico Fellini. L’universo di Amarcord non sarebbe stato lo stesso senza le visioni di un poeta come Tonino Guerra, sceneggiatore tra i più importanti e tra i più grandi cantori della sua terra d’origine, la Romagna.

Il film di Fellini è il simbolo di un cinema che si guarda indietro per ritrovare se stesso. Un’analoga ricerca delle proprie origini ispira l’epica contadina di Novecento (1976), uno dei capolavori di Bernardo Bertolucci e monumento all’Emilia.

Gli anni Settanta sono gli anni della maturità del cinema italiano, segnati da una pellicola di culto come La prima notte di quiete (1972) di Valerio Zurlini, ambientata in una livida Rimini invernale, e dall’ultimo perturbante film di Pier Paolo Pasolini, Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975), in parte girato a Bologna.

 

Mi sono talmente identificato nella parola Emilia, che quasi mi viene difficile sopportare che dopo la parola Emilia si dica sempre Emilia-Romagna.

Bernardo Bertolucci

 

La Romagna: un miscuglio di avventura marinara e di chiesa cattolica. Una strana psicologia arrogante e blasfema, dove si mescolano superstizione e sfida a Dio. Gente senza umorismo e perciò indifesa: ma col senso della beffa e il gusto della bravata. Uno dice: mangio otto metri di salsiccia, tre polli e una candela. Anche la candela. Cose da circo. Poi lo fa: subito dopo lo portano via in motocicletta, viola in faccia, con l’occhio bianco: e tutti a ridere di questa cosa atroce, la morte per gola.

Federico Fellini

Da Avati a Diritti

Da Avati a Diritti

Non esiste nel cinema italiano un regista che abbia radicato in maniera così stabile la propria poetica nella sua terra d’origine come Pupi Avati. Una quarantina di film, dal 1968 a oggi, e quasi per metà girati in Emilia-Romagna.

Gli Ottanta e Novanta sono gli anni dei film inclassificabili e preziosi di Giuseppe Bertolucci, fratello di Bernardo, che in Emilia ambientò i suoi Amori in corso (1989). Ma sono anche gli anni delle tecnologie leggere, del Dams e delle autoproduzioni, di un mondo che non si riconosce più nel cinema ufficiale che si fa a Roma.

Marzabotto (1984) del regista bolognese Carlo di Carlo è stato una fonte di ispirazione per Giorgio Diritti nel realizzare il suo Uomo che verrà (2009), film che ha commosso l’Italia rievocando l’eccidio di Monte Sole.

Con il passaggio al digitale e il nascere di piccole produzioni, gli anni più recenti vedono l’affermarsi del documentario, genere in cui l’Emilia-Romagna vanta maestri illustri (Gianfranco Mingozzi, Folco Quilici, Gianni Celati), e che trova a Bologna uno dei suoi punti di riferimento.

Anche in un tempo di rapide trasformazioni come il nostro, L’Emilia-Romagna non smette di esercitare la sua vocazione a essere una terra di cineasti.

 

Immagino, anzi ne ho quasi la certezza, che tutti, da quelli della Rai alla troupe che lavora con me fino ai miei di famiglia, non ne possano più del fatto che vado sempre a girare le mie cose in Emilia! Ma io insisto imperterrito, perché è come se avessi la sensazione che nella mia terra natia un giorno, gira di qua, scava di là, scoprirò qualcosa di eccezionale.

Pupi Avati

Il paesaggio padano

Il paesaggio padano

Il rinnovamento del cinema italiano nel dopoguerra passa attraverso l'incontro col paesaggio padano. Un paesaggio dal profilo visivo straordinario: linee rette e oblique a perdita d’occhio, ampie campiture dai toni uniformi, filari d’alberi e argini sullo sfondo, piazze assolate, vaste e teatrali: una scenografia preesistente e ideale, su cui proiettare utopie estetiche, politiche e sociali.

 

Accadeva questo: quel paesaggio che fino ad allora era stato un paesaggio di cose, fermo e solitario: l’acqua fangosa e piena di gorghi, i filari di pioppi che si perdevano nella nebbia, quel paesaggio si muoveva, si popolava di persone e si rinvigoriva. Le stesse cose reclamavano un’attenzione diversa. Guardandole in modo nuovo, me ne impadronivo. Cominciavo a capire il mondo attraverso l’immagine, capivo l’immagine. La sua forza, il suo mistero.

Michelangelo Antonioni

Una regione popolare

Una regione popolare

In Emilia-Romagna nacque il socialismo italiano, la sua reazione fascista e un ruolo decisivo ebbe qui la Resistenza. Una regione che è stata per oltre un secolo terra di accesi conflitti di classe, e che si è guadagnata per questo l’appellativo di “regione più popolare d’Italia” (Piovene). Il cinema, arte di squadra per eccellenza, trova in questa tradizione sociale e cooperativa il suo terreno più fertile.

 

L’Emilia è terra di predicazioni. Il mito della rivolta, del nuovo ordine che elimini radicalmente quello antico, è vivo, in un’emozione insieme religiosa e corporea, fisica e visionaria. Mussolini attrasse l’Emilia in quanto rivoluzionario, e il comunismo per la stessa ragione; è sempre la stessa perenne attesa e speranza di grandi eventi.

Guido Piovene

Lo spettacolo totale

Lo spettacolo totale

Dalle Cavallerie rinascimentali alle corti di Ferrara, Modena e Reggio, si consolida per tutto il Seicento la tradizione dello spettacolo totale di cui l'Emilia si fa centro europeo di irradiazione. È qui che vengono gettate le basi per la fortuna del melodramma ottocentesco: Verdi a Parma, e Wagner a Bologna, dove incontrò una fortuna anticipatrice.

In Emilia-Romagna sono stati censiti 72 teatri storici, dato unico al mondo per densità, che si rispecchia nella vitalità odierna dei teatri e delle compagnie della nostra regione. L'Emilia-Romagna è anche la patria di grandi dinastie circensi (Togni, Orfei), depositarie della forma di spettacolo popolare per eccellenza.

 

A vent’anni quello che volevo fare era l’attore di teatro. Il cinema per me è stato una scoperta successiva.

Marco Bellocchio

 

Anche se non so niente, io so tutto del circo, dei suoi ripostigli, delle luci, degli odori e anche degli aspetti della sua vita più segreta. Lo so, l’ho sempre saputo. Fin dalla prima volta si è manifestata subito una totale adesione a quel frastuono, a quelle musiche assordanti, a quelle apparizioni inquietanti, a quelle minacce di morte.

Federico Fellini

L'arte padana

L'arte padana

Lo storico dell’arte Francesco Arcangeli, sulla scia degli studi di Roberto Longhi, teorizzò l'esistenza di un'arte padana: un'arte anticlassica, anti-intellettualistica, espressiva, romantica, che da Wiligelmo, passando Vitale da Bologna, Carracci e Crespi, arriva a Giorgio Morandi.

L'arte padana riflette lo spirito popolare di una cultura che darà i suoi grandi frutti nell'incontro con l'arte cinematografica; alcuni registi si sono confrontati direttamente con l’humus figurativo emiliano.

 

Marcello: - Senti, ho visto che hai un magnifico Morandi.

Steiner: - Ah, sì: è il pittore che amo di più. Gli oggetti sono immersi in una luce di sogno, eppure sono dipinti con uno stacco, una precisione, un rigore che li rende quasi tangibili. Si può dire che è un'arte in cui niente accade per caso.

La dolce vita (1960)

 

Se dobbiamo indicare i poeti della pittura italiana di questo secolo ci accorgiamo che sono pochi, molto pochi. Certo, De Chirico ha inventato un mondo, ma i grandi poeti della tradizione italiana, sono Morandi, De Pisis, Rosai e nella sua amarezza, Sironi.

Valerio Zurlini

 

Dicono che questo tipo di artisti

sono decorativi e fuori dalla realtà.

Ligabue nella giungla

riusciva a sistemare le foglie tropicali

con la grazia

di una educanda al tomboliere.

Cesare Zavattini